La chirurgia orale è quella parte dell’odontoiatria che si occupa dei piccoli e grandi interventi chirurgici che possono rendersi necessari nel corso della terapia odontoiatrica.
La chirurgia orale comprende tutti gli interventi eseguibili in anestesia locale che possono essere effettuati nell'ambito del cavo orale.
Essa quindi contempla:
la chirurgia estrattiva (estrazione di elementi dentali o residui radicolari sia di denti permanenti o denti decidui, estrazione di denti inclusi)
la chirurgia endodontica nei quali si asportano apici radicolari di denti non trattabili con l’endodonzia tradizionale,
la chirurgia pre-implantare e pre-protesica (rialzo del seno mascellare, rigenerazione ossea guidata, ricostruzione dei tessuti duri e molli),
la chirurgia implantare (posizionamento impianti),
la chirurgia d’asportazione di neoformazioni dei tessuti duri (es. cisti) e tessuti molli (es. frenuli, lipomi),
la chirurgia pre-ortodontica (es. disinclusione di elementi inclusi)
la chirurgia parodontale per il trattamento della malattia parodontale e la correzione dei difetti ossei;
la chirurgia di allungamento della corona clinica per motivi estetici e di restauro
Dal 2006 molti di questi interventi vengono eseguiti mediante l’ausilio di tecniche di chirurgia piezo-elettrica.
La chirurgia piezoelettrica è una nuova tecnica di osteotomia (taglio dell’osso) e osteoplastica (rimodellamento dell’osso) nata grazie ad un rivoluzionario apparecchio, il bisturi piezoelettrico, che utilizza gli ultrasuoni per “tagliare” l’osso con precisione micrometrica senza lesionare i tessuti molli poichè con le vibrazioni disgrega solo le molecole solide.
Questa tecnologia, grazie al taglio osseo selettivo che non necrotizza il tessuto osseo e non danneggia le strutture nobili in esso immerse o adiacenti, garantisce, anche negli interventi più delicati, un’eccezionale precisione, una guarigione più veloce ed una riduzione dei rischi chirurgici.
In questo capitolo affrontiamo sinteticamente alcune delle tematiche di più comune riscontro evitando ripetizioni di argomenti già trattati in altre pagine del nostro sito.
Così definite in quanto possono essere rimosse facilmente dal paziente durante l'arco della giornata per facilitare le manovre di igiene orale, sono generalmente realizzate in resina, possono essere totali (sostituiscono gli elementi dentali di un'intera arcata) o parziali (sostituiscono solo gli elementi dentali persi in alternanza agli elementi dentali residui).
Quando un terzo molare (dente del giudizio) non ha sufficiente spazio per erompere completamente o è posto in una posizione anomala si manifesta facilmente un'infiammazione della gengiva, del parodonto profondo, dell'osso e del dente vicino che prende il nome di pericoronarite e che si configura come un quadro clinico definito “disodontiasi del terzo molare”.
In questi casi si consiglia generalmente una iniziale terapia antibiotico-analgesica finalizzata alla risoluzione dei sintomi acuti tipici della pericoronarite (dolore, gonfiore, limitazione funzionale all’apertura della bocca e alla masticazione).
Utile per la remissione dei sintomi anche l’utilizzo locale, per qualche giorno, di collutori a base di clorexidina allo 0,20%.
Una successiva valutazione clinica e radiografica orienterà poi il trattamento verso l’avulsione o meno del dente del giudizio interessato.
I terzi molari inclusi in stretta prossimità di un secondo molare possono spesso comportare un danno dei tessuti di quest’ultimo.
Per il terzo molare (o dente del giudizio) bisogna citare tra le cause di ritenzione o inclusione la teoria filogenetica, secondo la quale l'evoluzione della specie umana sta portando ad una involuzione delle dimensioni dei mascellari, con l'aumento della dimensione della cavità cranica, cosi andando avanti, sempre più frequentemente il terzo molare non avrà più lo spazio sufficiente per erompere, rimanendo quindi “trattenuto” all’interno delle ossa mascellari .
A seconda se perforino o no la gengiva, si chiamano denti del giudizio totalmente o parzialmente inclusi.
Inoltre in molti casi il suo sviluppo si blocca già durante la vita intrauterina (Agenesia dei terzi molari).
L'igiene dentale, nella zona dei denti del giudizio parzialmente inclusi, è difficoltosa. La conseguenza ovviamente è la comparsa di una lesione cariosa, sia dei denti del giudizio stessi, ma cosa ancor più grave a carico della superficie distale dei secondi molari adiacenti.
Nella zona d'eruzione del dente si possono anche produrre infiammazioni croniche della gengiva o ascessi purulenti dolorosi.
I terzi molari vanno controllati a partire dai 14-16 anni. Già a questa età è possibile una precoce analisi sul futuro spazio disponibile per una corretta eruzione dei terzi molari. Il controllo viene effettuato tramite esame radiografico: ortopantomografia e tomografia computerizzata (TAC).
E' inoltre importante sapere che le radici dei denti del giudizio si sviluppano tardi cioè nel periodo in cui l'osso dei mascellari diventa più denso. Nel caso dei denti del giudizio inferiori, la posizione può essere in stretta vicinanza con il nervo mandibolare, creando maggiori rischi di lesione al nervo durante l'atto operativo. Per questo motivo, l'estrazione del dente del giudizio è un intervento più difficile e più tecnico di quello degli altri denti, potendo richiedere in molti casi uno specialista in chirurgia orale o maxillo facciale.
Quando vanno estratti i denti del giudizio?
Il corretto trattamento consiste nell'esaminare attentamente le radiografie della bocca. Il chirurgo può capire se il dente può causare problemi nello sviluppo futuro e quindi consigliare la rimozione prima che il dente sia arrivato alla maturazione finale. L'estrazione nei pazienti giovani è molto più facile perché le radici del dente non sono ancora sviluppate e perché l'osso circostante il dente è meno denso.
Che cosa succede dopo l'estrazione del dente del giudizio?
Generalmente il paziente manifesta un po' di dolore e di gonfiore nella zona operata. Le cure post operatorie che il chirurgo prescrive (analgesici e/o antibiotici) unitamente ai consigli dietetici (cibi freddi riducono il gonfiore) possono ridurre significativamente il discomfort che segue l'intervento.
Cosa aspettarsi dopo dopo un’estrazione dei denti del giudizio.
Dopo l’estrazione possono verificarsi gonfiore e leggero malessere che fanno parte del processo di guarigione. E’ possibile inoltre, avvertire sensazioni di intorpidimento e formicolio, che normalmente, scompaiono dopo un periodo di tempo.
DOLORE:
Solitamente raggiunge il suo massimo, quando passa l’effetto dell’anestesia, percio’ e’ consigliabile assumere un antidolorifico poco dopo l’intervento.
SANGUINAMENTO:
Se e’ lieve e’ normale per le prime 24 ore.
GONFIORE:
Raggiunge il massimo dopo 24 ore dall’intervento e puo’ durare fino a una settimana.
ALVEOLITE POST ESTRATTIVA (ALVEOLOALGIA):
Complicazione che puo’ manifestarsi 3-4 giorni dopo l’estrazione soprattutto dei denti del giudizio inferiori, dovuta a dissoluzione del coagulo di sangue. Per prevenirla e’ importante seguire le istruzioni post-estrattive.
Cosa non fare subito dopo un’estrazione:
Non risciacquare la bocca per 4/6 ore dopo l’estrazione.
Non assumere bevande o cibi caldi.
Non applicare calore sulla zona del viso vicino l’estrazione.
Non fumare per i primi 2/3 giorni dopo l’estrazione.
Non assumere farmaci contenenti acido acetilsalicilico (Aspirina), che potrebbero interferire con la coagulazione.
Non risucchiare nella zona dell’estrazione.
Non irritare la zona dell’estrazione con cibi duri o ruvidi.
Non usare l’idropulsore per l’igiene orale fino a guarigione completa della gengiva, nella zona dell’estrazione.
Soprattutto in caso di estrazioni complicate (Estrazioni chirurgiche)
Non praticare attivita’ sportiva o attivita’ fisiche pesanti, per i primi 2-3 giorni dopo l’estrazione.
Dormire con la testa sollevata da uno o due cuscini in piu’. Aiuta a ridurre il sanguinamento ed il gonfiore.
La dieta ideale dopo l’estrazione e’ la coso detta -semiliquida fredda- e’ costituita da cibi soffici e liquidi o semiliquidi freddi (gelato, yogurt, succhi di frutta, latte, ricotta ecc.)
Un adeguato riposo nei giorni successivi l’estrazione, favorisce una rapida guarigione.
Il successo in terapia implantare è legato strettamente alla presenza di un adeguato volume osseo che consenta il corretto posizionamento degli impianti pianificati.
Condizioni anatomiche sfavorevoli, che siano la conseguenza di parodontite, traumi, agenesie o altro, possono impedire il posizionamento di impianti se non vengono messe in atto procedure preventive di rigenerazione ossea o contestuali al posizionamento degli impianti stessi.
Tra le varie metodiche di rigenerazione ossea riveste statisticamente un ruolo importante la tecnica chirurgica di rialzo del pavimento del seno mascellare.
La terapia implantare nei settori mascellari postero-superiori (zona dei molari superiori), resi atrofici dagli esiti del riassorbimento dell’osso alveolare in seguito alla perdita dei denti stessi e dalla pneumatizzazione del seno mascellare, necessita in alcuni casi di un aumento osseo verticale che garantisca ancoraggio e stabilità al complesso implanto-protesico.
In pratica nella zona dei molari superiori dopo aver perso i denti, si verifica spesso una rapida riduzione (soprattutto in senso verticale) del volume dell’osso alveolare, con inevitabile impossibilità di posizionamento implantare senza ricorrere ad una tecnica di aumento del volume d’osso residuo.
In questi casi si parla di rialzo del pavimento del seno mascellare:
da un accesso operatorio intraorale il pavimento del seno è esposto e la membrana di rivestimento è sollevata delicatamente; lo spazio formatosi viene riempito di osso autologo particolato e/o osso artificiale.
In presenza di uno spessore sufficiente di osso proprio (ca. 4 mm) gli impianti possono essere inseriti contemporaneamente al rialzo del pavimento del seno mascellare. Altrimenti si ricostruisce dapprima l'osso e si procede al posizionamento degli impianti nell’ osso consolidato solo dopo un tempo di attesa di 6-8 mesi.
Esistono diverse tecniche chirurgiche di rialzo del pavimento del seno mascellare (esempio: approccio laterale o approccio crestale) e anche diverse tecniche per le singole fasi dell’intervento stesso e a seconda delle condizioni anatomiche il clinico opterà per la tecnica più indicata.
Ma ancora più importante è una approfondita indagine prechirurgica, con una attenta valutazione della fisiopatologia del seno mascellare attraverso la raccolta dei dati anamnestici, l’analisi delle immagini TAC, e se necessario una visita specialistica otorinolaringoitrica.
L’allungamento di corona clinica è un intervento chirurgico parodontale che ha come obiettivo quello di allungare la parte di dente che si trova esposta al cavo orale (= corona clinica) cioè non coperta dalla gengiva. Si esegue per ragioni estetiche, quando vi siano denti “corti” (= che non sono erotti completamente con tutta la corona) e “sorriso gengivale” (= che lascia intravedere molto le gengive) e si renda quindi necessario un rimodellamento delle parabole gengivali prima di un successivo intervento riabilitativo protesici (ad esempio con faccette).
Ma l’indicazione principale per cui si esegue un allungamento di corona clinica è quella di esporre il margine sano di un dente cariato o fratturato in profondità, al fine di poterlo poi ricostruire in modo pulito (con la diga di gomma), corretto e affidabile nel tempo.
Infatti ricostruire un dente in profondità sotto la gengiva senza fare preventivamente l’allungamento di corona clinica impedisce di isolare il dente con la diga di gomma (il dente verrà ricostruito in campo contaminato, con adesione chimica dei materiali non affidabile) ed espone al rischio di aver creato un margine ricostruttivo non corretto.
La presenza di un margine ricostruttivo non ideale in profondità sotto la gengiva, vicino al margine osseo di supporto del dente, è una spina irritativa cronica che porta con il tempo all’insorgenza di una tasca parodontale localizzata in quel punto, con ritenzione di placca, edema, infiammazione e progressione della profondità di sondaggio.
Restauro che invade l’apparato di attacco parodontale provocando infiammazione gengivale cronica e formazione di una tasca patologica
Questo potrebbe minare la salute parodontale del dente, anche nell’ambito di un cavo orale sano, non affetto da malattia parodontale infiammatoria.
L’intervento di allungamento di corona clinica consiste in un rimodellamento dei tessuti molli (gengivectomia o riposizionamento apicale, secondo il caso) e del tessuto osseo sottostante (chirurgia ossea resettiva, ostectomia, osteoplastica) fino a ricreare una anatomia modificata ma corretta ad un livello più apicale (= più basso, più profondo) portando in superficie nel cavo orale la parte di dente che si ritiene necessario esporre per ragioni estetiche o riabilitative.
DR. CANTAMESSE-DR. GHEZZI · VIALE BETELLI, 78/A · 24044 - DALMINE (BG)
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